Il concentrato di pomodoro di una volta a casa di Elvira

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Ogni persona è ancorata al proprio passato soprattutto dai ricordi enogastronomici della propria infanzia. Col tempo i ricordi comuni di tanti individui vanno a costruire un tassello della storia dell’umanità.

Quasi per caso ho incontrato Ines Montanaro, una sansalvese acquisita conosciuta più o meno da tutti. In questo periodo estivo uno degli argomenti più spontanei è la salsa dei pomodori e affrontando l'argomento, la sua mente torna a quando a casa sua mamma Elvira faceva la conserva.


A casa di Elvira si preparavano due tipi di conserve rosse: il concentrato di pomodori e il concentrato di peperoni rossi tipo cornetti (quelli quadri non esistevano).

Pomodori e peperoni dovevano aver raggiunto la giusta maturazione: rigorosamente rossi, maturi e polposi. Dopo averli raccolti dal proprio podere, si stendevano su delle “stuoine” e si lasciavano asciugare per almeno un paio di giorni.

 

La procedura era la stessa. Innanzitutto si sbollentavano i peperoni (o pomodori) nelle “caldaie di rame” (chi non le possedeva utilizzava i grossi fusti di metallo privati del coperchio). Si trasferivano in altri contenitori e ancora quasi bollenti (“non appena le mani riuscivano a sopportarne il calore”) venivano passati anche a quattro mani su un apposito setaccio rettangolare (quattro manici di legno che racchiudevano una lastra di metallo bucherellata) con le dimensioni circa di cm 70 x cm 40.

Questo “passato” veniva poi distribuito su grossi tavoli di legno (materiale che assorbe l'acqua) e vi si cospargeva una manciata di sale. Durante il giorno questi tavoli con il “passato” venivano esposti al sole.

Per favorire l’espulsione dell’acqua dei pomodori da un lato dei tavoli venivano posti dei mattoni in modo da risultare inclinati. Ogni tanto questa salsa veniva rivoltata con dei grossi cucchiaioni di legno.

Per almeno una settimana i tavoli, al calar del sole venivano rientrati e ricacciati fuori il mattino seguente. Quando il concentrato si era asciutto e aveva raggiunto una consistenza cremosa, si trasferiva in grossi barattoli di vetro e per evitare il sopraggiungere della muffa lo si ricopriva con un filo d’olio.


Questo era un lavoro prettamente femminile: gli uomini collaboravano all’accensione del fuoco o in  mansioni minori. Ma se una donna aveva il ciclo mestruale era considerata quasi un’appestata: non si doveva avvicinare altrimenti la qualità del concentrato veniva compromessa.

I bambini erano addetti a sorvegliare i tavoli affinché non si avvicinassero mosche e insetti vari e ancora di più dovevano stare attenti al rientro delle pecore che erano molto ghiotte di questa salsa.


La preparazione del sugo del giorno per la pasta avveniva in questo modo: si soffriggeva la cipolla, si aggiungeva un cucchiaio di concentrato di peperone, una volta amalgamato, un cucchiaio di concentrato di pomodoro e infine la salsa normale. Ovviamente la pasta era rigorosamente fatta in casa: quella essiccata rappresentava un lusso.

Sapori e profumi di altri tempi.

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Note:

Maria Napolitano

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